Da una parte c’è Scamarcio, uno degli attori di punta del cinema italiano, da sempre fan di Rubini (fin dai tempi in cui giovane sconosciuto partecipava ai provini dei suoi film). Dall’altro lo stesso Sergio che decide di costruire un film su misura per Riccardo. E mentre lo sta aspettando a casa, in attesa del loro incontro, si chiede "cosa succederebbe se un giovane attore desideroso di incontrare il proprio mito, una figura a metà tra il paterno e la guida professionale, si ritrovasse davanti una persona invidiosa che anziché aiutarlo farebbe di tutto per ucciderlo". Da questo spunto, e anche dalla voglia di girare un film come non se ne fanno da tempo in Italia, un noir di impostazione quasi teatrale, nasce Colpo d’occhio, tragedia costruita sul triangolo artista ambizioso (Scamarcio), critico-mentore (Rubini) e una donna (Vittoria Puccini) contesa dai due.
Dice Rubini: «Volevo girare un dramma incentrato sul conflitto tra un uomo maturo e uno giovane, tra la ragione e l’istinto. Giocando sul tema dell’ambiguità e delle ombre, presenti in ognuno di noi. E Riccardo era perfetto per questo ruolo, grazie alla sua ambivalenza di ragazzino, cresciuto artisticamente con ruoli da adolescente, capace di essere al tempo stesso un uomo maturo».
«Così come Vittoria - continua il regista - era secondo me l’unica attrice italiana in grado di interpretare Gloria, sia per la sua fisicità, eterea e mai volgare, sia per la sua solida impostazione teatrale, che la pone mezzo metro sopra tutte 'ste giovani shampiste del cinema di oggi».
Il film, curatissimo nella fotografia e nella musica (la colonna sonora è firmata da Pino Donaggio con una canzone inedita delle Vibrazioni) sembra davvero rifarsi a una cinematografia di altri tempi, lontana da quella più naturalistica o presunta tale che è diventata la norma in Italia. «Noi ci siamo ormai abituati a una recitazione immediata, mentre io volevo proprio allontanarmi da quel “buttato via” che è diventato la regola qui da noi».
Sia Riccardo che Vittoria dicono di essersi "completamente affidati alle mani di Sergio", regista esigente e preciso, capace di far ripetere una scena mille volte, pur di ottenere la perfezione. «È raro che io mi lasci guidare totalmente da qualcuno, ma questa volta Rubini l’ha fatta» dice Scamarcio. «Anche perché gli attori sono pagati per questo, per essere pedine nelle noste mani!» gli fa eco il regista.
Il film, che esce il 20 marzo in 420 copie, prodotto da Rai Cinema e Cattleya, segna anche l’esordio al cinema di Paola Barale, nelle vesto di una "moderna Cat woman", l’assistente complice del critico Rubini.
Il regista confessa di credere molto, a prescindere dal film, nel rapporto tra l’artista e il critico. «Sono due presuntuosi, ognuno dei quali crede di poter vivere senza l’altro». Anche se nel confronto tra l’istinto, anche un po' superficiale ed egoista dell’artista Adrian-Scamarcio e la ragione calcolata del critico Lulli- Rubini, dice: «Io sto dalla parte di Riccardo. Perché la ragione ci può pure piacere ma non ci seduce mentre solo chi si abbandona completamente all’istinto può salvarsi...».
Cinema